- Link all'articolo scientifico: Montanari, M. G., & Meraviglia, C. (2023). Is Migration a Way Out from Ascription? The Status Attainment Process of Romanians in Western Europe. International Migration Review, 0(0).
Secondo gran parte della letteratura scientifica e dell’opinione pubblica, i ‘migranti economici’ migrano per migliorare la propria condizione socioeconomica, sia rispetto ai coetanei che rimangono nel paese d'origine sia, soprattutto, rispetto ai propri genitori. Una ricerca della Statale di Milano mostra che questo obiettivo può essere sistematicamente mancato. La scelta di migrare, nonostante i propositi di chi la compie, può perfino ostacolare l’ascesa a un più alto status sociale rispetto alla famiglia di origine (ovvero la mobilità sociale). È questo il caso della migrazione rumena, la più grande diaspora interna all’Europa odierna – 2,5 milioni di persone, un quinto della popolazione rumena in età attiva – diretta da oltre due decenni verso i paesi più ricchi dell'Europa occidentale, principalmente per motivi di lavoro.
Chi parte e chi resta: lo studio
Le domande di ricerca dalle quali lo studio prende avvio sono semplici: Chi lascia il proprio paese d’origine raggiunge una posizione sociale più elevata, rispetto a chi rimane? La migrazione ha un effetto positivo sulle possibilità di ascesa sociale rispetto alla condizione dei propri genitori? Inoltre, la posizione sociale della famiglia d’origine influenza di più o di meno il destino sociale di coloro che migrano, rispetto a quelli che rimangono in patria? Infine, migrare verso un paese piuttosto che un altro, al netto delle caratteristiche personali del migrante, fa differenza in termini di mobilità sociale? La risposta, come in molti casi nelle scienze sociali, è: dipende. Vediamo da cosa.
La Figura 1 mostra le relazioni ipotizzate tra le variabili prese in considerazione nel modello di mobilità sociale, rielaborato a partire da quello di Blau e Duncan (1967) consolidato negli studi di stratificazione sociale. La destinazione sociale di ciascuno è influenzata dallo status della famiglia di origine, dal proprio livello di istruzione e, nell’analisi proposta, anche dal luogo in cui si risiede. La variabile ‘area’ si riferisce alla Romania (per chi rimane nel paese di origine) oppure all'Europa centro-settentrionale o meridionale (per chi migra, a seconda del paese di destinazione). In particolare, l’Europa centro-settentrionale (Danimarca, Germania e Regno Unito) è stata distinta dall’Europa meridionale (Italia e Spagna) perché queste due aree presentano caratteristiche molto diverse in relazione al mercato del lavoro e alla regolazione dei flussi migratori. È importante sottolineare che, anche per la mancanza di dati adatti, non sono molti gli studi che mettono a confronto chi migra con chi resta nel paese d’origine. Tuttavia, è proprio questo confronto che permette di comprendere come il processo migratorio incida sulle chances di mobilità sociale degli individui.
Il nostro campione (elaborato a partire dall'indagine EUCROSS disponibile solo per l’anno 2012) comprende 1772 cittadini e cittadine rumeni in età lavorativa che hanno completato gli studi in Romania. La posizione sociale degli intervistati (Destination) e dei loro genitori (Origin) è misurata attraverso l'Indice Internazionale di Status Socio-Economico (Isei), ampiamente utilizzato nel campo della stratificazione sociale. L'Isei assegna alle occupazioni un punteggio che indica quanto in alto o in basso si collocano nella scala sociale, con valori compresi tra 16 e 90 (dove 16 è, ad esempio, il punteggio di status socioeconomico dei braccianti agricoli e degli addetti alle pulizie, mentre 90 è quello dei giudici o dei medici specializzati). Nel caso dello status della famiglia di origine, l’Isei si riferisce al genitore la cui occupazione ha contribuito maggiormente all'economia familiare quando l'intervistato o intervistata aveva 14 anni.
Infine, va considerato che chi ha scelto di lasciare la Romania possiede caratteristiche diverse da chi è rimasto in patria. I rumeni che migrano nel loro complesso tendono ad essere meno istruiti e con un’origine sociale più bassa rispetto ai loro coetanei che restano. Tuttavia, chi è migrato nel Centro-Nord Europa possiede mediamente livelli di istruzione e un’origine sociale più elevati rispetto a chi si è stabilito nel Sud Europa. Tali differenze incidono senza dubbio sulla collocazione sociale degli individui: un’istruzione più elevata consente l’accesso a occupazioni migliori, soprattutto se questo si accompagna alle risorse economiche e relazionali che può offrire una famiglia d’origine di status medio-alto. In sostanza, l’area di destinazione verso cui si migra non è casuale, ma è a sua volta influenzata dall’istruzione e dall’origine sociale dell’individuo. Per questo motivo alle stime mostrate nelle figure di seguito sono stati applicati coefficienti (o pesi), affinché i risultati non siano influenzati dal fatto che in uno dei tre gruppi considerati (quelli migrati verso il Sud Europa, quelli verso il Centro-Nord e quelli che sono rimasti in Romania) vi siano più laureati che in un altro, oppure più persone di origine sociale elevata che in un altro.
Migrare non è sempre vantaggioso
La Figura 2 mostra un primo risultato, relativo allo status sociale medio che possiamo aspettarci di trovare tra donne e uomini rumeni a seconda che siano migrati o rimasti in patria in base alla posizione sociale della famiglia di origine, al netto della loro istruzione ed età. L'Isei medio dei genitori, calcolato sull'intero campione di rumeni per entrambi i generi, è rappresentato dalla linea nera verticale tratteggiata, corrispondente a circa 38 punti (lo status, ad esempio, di un impiegato nel settore dei servizi). Questo valore (che si trova quasi esattamente a metà della scala sociale, così come misurata dall’Isei) indica l’origine sociale della maggior parte dei rumeni, che siano migrati all’estero oppure no. Per ogni valore dell'Isei dei genitori, i migranti (linea grigia tratteggiata) presentano valori medi di Isei individuale più bassi rispetto a coloro che sono rimasti in Romania (linea nera continua): in pratica, chi è migrato ha raggiunto in media una posizione sociale più bassa rispetto a chi è rimasto. Questo primo risultato indica che la migrazione sembra non essere un moltiplicatore di opportunità, anzi può agire da freno all’ascesa sociale, come già suggerito da uno studio sui ritorni all’istruzione dei migranti turchi.
Per quanto riguarda il ruolo dell’origine sociale, nel caso degli uomini essa mantiene la stessa influenza (rappresentata dalla pendenza delle due linee) sullo status raggiunto sia da chi resta sia da chi migra. Nel caso delle donne, invece, l'Isei dei genitori mostra un'influenza maggiore sullo status raggiunto dalle migranti rispetto a chi resta, almeno per quanto riguarda gli strati inferiori e medi dell'origine sociale (gli intervalli di confidenza si sovrappongono a partire da 70 punti Isei). Va precisato che il significato di una maggiore influenza dell’occupazione dei genitori sul proprio destino sociale cambia a seconda del livello di Isei considerato: per chi è nato “in alto”, un’influenza elevata dell’origine sociale significa mantenere i propri privilegi; per chi è nato “in basso”, al contrario, significa rimanere intrappolati negli strati sociali meno privilegiati. È quest’ultimo il caso delle donne rumene migrate in Europa occidentale, che sperimentano condizioni più difficili – per quanto riguarda le loro possibilità di emancipazione da un’origine sociale medio-bassa – non solo rispetto alle donne rimaste in patria, ma anche rispetto agli uomini migrati.
Migrare a Sud o a Nord non è lo stesso
L’ultimo ambito di indagine riguarda il ruolo dell’origine sociale a seconda del paese verso cui si migra. La Figura 3 mostra che, nel caso degli uomini, i migranti verso il Sud Europa hanno destini sociali sistematicamente peggiori di quelli dei connazionali migrati nell’Europa centro-settentrionale. Inoltre, per i rumeni nell’Europa meridionale l’origine sociale esercita un’influenza molto limitata (la linea grigia tratteggiata è quasi orizzontale). Questo può rappresentare un vantaggio per chi proviene dagli strati medio-bassi della società e, al contrario, uno svantaggio per chi proviene dagli strati più alti. Per le donne migranti, invece, l'influenza della famiglia di origine è solo leggermente più debole per quelle che si sono stabilite al Centro-Nord rispetto a quelle al Sud Europa. Inoltre, la differenza tra i due gruppi di donne diminuisce con l'aumentare dell'Isei dei genitori fino a scomparire, come indicato dalla sovrapposizione degli intervalli di confidenza a partire dai 50 punti Isei. In sostanza, nemmeno per le donne migrare nel Sud Europa premia, rispetto al Centro-Nord, ma l’influenza esercitata dalla famiglia di origine nei due casi è più simile rispetto al caso degli uomini.
In sintesi, il messaggio principale che emerge dalla ricerca è che la scelta di migrare, contrariamente alle aspettative comuni, non rappresenta (necessariamente) un miglioramento delle condizioni socioeconomiche di partenza, né una via per l’emancipazione migliore rispetto alla scelta di restare nel paese di origine. Questa ricerca offre tre contributi innovativi agli studi sulla mobilità sociale dei migranti e delle popolazioni rimaste nel paese di origine. In primo luogo, propone un modello di acquisizione dello status sociale che tiene conto del processo migratorio concentrandosi non sul gruppo etnico o sulla condizione di migrante in sé, come le analisi precedenti, ma sull'area in cui l’individuo risiede. Tale criterio permette di trattare assieme sia il paese di origine (per chi resta) sia il paese di destinazione (per chi migra).
Inoltre, vengono messe in luce le differenti caratteristiche dei rumeni che migrano rispetto a coloro che restano nel paese d’origine. Emerge che non solo i rumeni migranti si differenziano da chi resta sulla base dei livelli di istruzione, come già segnalato in letteratura, ma anche per la loro origine sociale. Infine, a parità sia di istruzione che di origine sociale, il destino sociale di chi migra verso l’Europa meridionale risulta notevolmente peggiore di chi migra verso l’Europa centro-settentrionale. In particolare, i risultati relativi ai rumeni migrati verso il Sud Europa mettono in discussione le aspettative, basate sulle teorie economiche dell'investimento in capitale umano e della scelta razionale, che chi migra non solo abbia risorse familiari ed educative superiori a quelle di chi rimane, ma anche, e soprattutto, riesca ad emanciparsi ed ottenere un maggior ritorno socioeconomico proprio attraverso la migrazione.