- Link al testo scientifico: Bellia, A. (2021). Disability and happiness: the role of social policies [10.25434/bellia-asya_phd2021].
Le persone disabili sono meno felici di quelle normodotate. Lo rivelano diversi studi sull'economia della felicità. La spiegazione più comune è che questa differenza dipenda dallo stato di salute delle persone disabili. Ci si dimentica, tuttavia, che la disabilità non può essere ridotta a mero problema di salute. La Convenzione ONU dei Diritti delle Persone con Disabilità ci ricorda, al contrario, che “Per persone con disabilità si intendono coloro che presentano durature menomazioni fisiche, mentali, intellettive o sensoriali che in interazione con barriere di diversa natura possono ostacolare la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su base di uguaglianza con gli altri”.
Il fattore sociale
In altre parole, la disabilità è determinata da fattori individuali (menomazioni che hanno origine da patologie croniche) e da fattori sociali (barriere alla partecipazione alla vita sociale). La combinazione di questi aspetti rende necessarie non solo norme volte a contrastare la discriminazione contro le persone disabili, ma anche leggi che garantiscano loro il diritto ad accomodamenti ragionevoli.
“Per accomodamento ragionevole si intendono le modifiche e gli adattamenti necessari ed appropriati che non impongano un onere sproporzionato o eccessivo adottati, ove ve ne sia necessità in casi particolari, per garantire alle persone con disabilità il godimento e l’esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali”, prosegue la Convenzione ONU.
Sono diritti formalmente riconosciuti in tutto il mondo dal 2006. In Italia addirittura dagli anni Settanta. Diritti, però, rimasti in larga parte sulla carta. Le persone disabili ancora oggi non hanno le stesse opportunità di quelle normodotate. In Europa, ad esempio, il 29% della popolazione disabile è a rischio di povertà ed esclusione sociale. Tre persone su dieci, in pratica. Tra chi è normodotato, la percentuale scende al 19%.
Meno possibilità di accesso allo studio o al lavoro, ma più felici degli altri quando l’accesso riesce
La ricerca qui riportata analizza l'effetto delle barriere alla partecipazione sociale sulla felicità delle persone disabili, e sulla differenza (in termini di felicità media) tra persone disabili e normodotate. Le persone disabili hanno meno probabilità di studiare o lavorare a causa della propria disabilità. Al contempo la differenza – in termini di felicità – tra persone disabili e normodotate, è minore se si guarda a studenti e lavoratori. In altri termini, le persone disabili derivano una maggiore soddisfazione dallo studiare e dal lavorare rispetto a quelle normodotate. Probabilmente perché devono superare considerevoli barriere per accedere sia al lavoro sia all'istruzione.
A scuola
Quali sono queste barriere? Se guardiamo all'istruzione, tra gli ostacoli più diffusi, almeno in Europa, troviamo la mancanza di ausili, edifici non accessibili (per gli studenti in sedia a rotelle), supporto insufficiente da parte del personale docente (soprattutto in caso di studenti con disabilità gravi). A seconda del proprio handicap, uno studente o una studentessa potrebbero avere bisogno di adattamenti del materiale di studio (ebook piuttosto che libri cartacei, per esempio), della metodologia d'insegnamento o dei metodi di valutazione. Le persone dislessiche hanno diritto a un tempo aggiuntivo del 30% per completare le prove scritte. Tuttavia, studenti e studentesse disabili possono vedersi negato dal personale docente il supporto di cui hanno bisogno, se lo stesso personale – poco formato e informato – mmm considera tali pratiche una forma di favoritismo.
Sul lavoro
Le cose non vanno meglio nel mercato del lavoro. È ancora diffusa la convinzione che le persone disabili siano meno produttive di quelle abili. Tale credenza può indurre potenziali datori di lavoro a non assumere candidati disabili, a prescindere dalle loro qualifiche. Inoltre, la mancanza di accomodamenti ragionevoli può costringere i dipendenti disabili a rinunciare all'impiego. Sono accomodamenti ragionevoli strumenti e strategie che facilitano l'accessibilità del luogo di lavoro (per dipendenti in sedia a rotelle), ausili o software specifici, ma anche modifiche dell'orario di lavoro o delle mansioni, nonché la possibilità per i dipendenti disabili di lavorare a casa. La maggior parte dei datori di lavoro non ha idea di quali siano i diritti o le necessità dei propri dipendenti disabili e, come molti docenti a scuola, scambia le richieste di adattamenti ragionevoli per richieste di favoritismi. Inoltre, spesso tali adattamenti suscitano l'invidia dei colleghi normodotati.
Il fattore individuale
Le persone disabili hanno (una o più) menomazioni. Questo comporta conseguenze: sia sul piano materiale, sia sulla felicità.
Sul piano materiale, la disabilità costa. Se gli autobus non sono accessibili in sedia a rotelle, per citare una situazione fin troppo comune, chi se lo può permettere chiamerà un taxi accessibile (che no, non viene rimborsato dal Comune). In genere, la pensione d'invalidità non basta a coprire tali costi. C’è di più: le persone con disabilità gravi hanno costi mediamente più alti. Non è un caso, allora, che avere un reddito più alto sia fonte di maggiore soddisfazione e benessere per le persone disabili.
Sul piano personale diventare disabile è uno shock e, come altri tipi di shock, causa una diminuzione immediata della felicità. Col tempo, però, chi è diventato disabile si adatta alla propria condizione e la sua felicità aumenta, pur non raggiungendo il livello precedente. Per questo motivo, chi è disabile da tempo è mediamente più felice di chi lo è diventato da poco.
Allora perché anche le persone che sono nate disabili sono meno felici di quelle normodotate nelle stesse condizioni? Può dipendere sia dal tipo di menomazione, sia dal cosiddetto minority stress, cioè l’affaticamento (ulteriore e quotidiano) a cui si è sottoposti in quanto minoranza. Ci sono disabilità che causano dolore fisico cronico, come la fibromialgia. In questo caso un minore livello di felicità è comprensibile. Le persone disabili, però, in quanto minoranza, subiscono frequentemente forme varie di discriminazione a cui la maggioranza della popolazione non è esposta (lo stesso vale per immigrati, persone di colore e membri della comunità LGBTQ). Queste discriminazioni continue causano più alti livelli di stress. Ecco perché si parla in questo caso di minority stress, letteralmente stress delle minoranze. A sua volta, lo stress ha un effetto negativo sulla felicità.
Ci sono anche altri fattori che influenzano la felicità delle persone disabili: il genere, lo stato civile e il livello d'istruzione, per dirne alcuni. Tuttavia, è importante sottolineare che le persone disabili non sono speciali: con pochissime eccezioni, la loro felicità è determinata dagli stessi fattori che contribuiscono a quella di chi si indica come normodotato.
Condizioni diverse per eguali opportunità
La rimozione delle barriere alla partecipazione sociale delle persone disabili richiede interventi su più fronti. Uno di questi è quello culturale: giustizia non significa “parità di trattamento”, bensì “uguaglianza di opportunità”.