- Link all’articolo scientifico: Oana, Ioana-Elena, Pellegata Alessandro, Wang Chendi (2021) A cure worse than the disease? Exploring the health-economy trade-off during COVID-19, West European Politics, 44:5-6, 1232-1257
“Aperturisti” contro “chiusuristi”. Con il protrarsi dalla pandemia da Covid-19, nei paesi democratici le opinioni espresse nel dibattito pubblico sono sembrate dividersi tra chi era favorevole alle misure restrittive adottate dai governi per limitare la diffusione dei contagi – i cosiddetti lockdown – e coloro che, invece, si sono dichiarati (più o meno apertamente) ad esse contrari perché considerate troppo dannose per l’economia e lesive delle libertà personali. Sebbene le posizioni assunte siano spesso più complesse e sfumate, questa semplificazione mostra la duplice natura della minaccia pandemica per i cittadini. Certo, in primo luogo, un pericolo per la salute, ma anche – indirettamente – tramite le scelte politiche fatte dai governi, una seria minaccia per le economie nazionali e i redditi di individui e famiglie.
Ma che opinione hanno i cittadini nei confronti di queste misure? Sono effettivamente disposti ad accettare le conseguenze negative delle restrizioni sul piano economico per tutelare la salute pubblica? Abbiamo provato a capirlo con un esperimento condotto in sette paesi europei – Francia, Germania, Italia, Olanda, Regno Unito, Spagna e Svezia – su campioni rappresentativi della popolazione per genere, età, livello d’istruzione e regione di residenza, coinvolgendo complessivamente 7759 cittadini di almeno 18 anni. Per permettere agli intervistati di esprimere le loro preferenze verso le politiche presentate con un sufficiente distacco emotivo, l’esperimento è stato condotto tra il 5 e il 22 giugno 2020, quando il picco della prima ondata era superato e i governi europei hanno cominciato a rilassare le misure restrittive. In quel periodo, inoltre, non si poteva ancora immaginare la frequenza e l’intensità delle successive ondate pandemiche e il protrarsi di ulteriori restrizioni. Ecco i risultati che abbiamo ottenuto.
In tempi di crisi le emozioni contano di più
Studiare le attitudini politiche dei cittadini durante una pandemia non è un compito facile. Come in una guerra o a seguito di un attentato terroristico, quando gli individui si trovano di fronte a una minaccia concreta per la salute e per la propria stessa vita, tendono a far pesare molto di più il ruolo delle emozioni – come paura, ansia e frustrazione – nel formulare giudizi sull’operato del governo, rispetto a ragionamenti utilitaristici o a fattori ideologici che in tempi non di crisi contribuirebbero fortemente a strutturare le loro opinioni politiche. Non è un caso che molti studi recenti, condotti durante la pandemia, abbiano osservato una crescita nella fiducia dei cittadini verso il proprio governo, trovatosi a dover fronteggiare un “nemico comune”, il virus.
Il compito si fa ancora più arduo se si sposta il focus dell’indagine dal giudizio generico sull’operato del governo alle preferenze dei cittadini verso le specifiche politiche pubbliche adottate per fronteggiare la crisi. Spesso i cittadini non sono del tutto consapevoli dei diversi aspetti che compongono una politica pubblica, né delle conseguenze dirette – e soprattutto indirette – che questa può avere, anche in settori distanti da quello per cui la politica è stata pensata. Limitarsi a chiedere ai cittadini (attraverso le consuete domande presenti nelle indagini demoscopiche) il grado di accordo o disaccordo verso una politica pubblica genericamente intesa non basta. Nel nostro caso, ad esempio, non è possibile comprendere le preferenze degli intervistati verso le misure di contenimento del contagio da Covid-19 senza metterli esplicitamente di fronte alle conseguenze che tali misure hanno sull’economia.
Il metodo: gli esperimenti “congiunti”
Per far fronte a queste problematiche gli studiosi di scienze sociali spesso ricorrono a quelli che vengono chiamati conjoint experiment, che vengono somministrati a un campione selezionato di intervistati attraverso indagini online. Questa metodologia prevede che gli intervistati valutino diversi scenari in cui un’ipotetica politica pubblica cambia negli aspetti principali che la caratterizzano e che, secondo gli studiosi, potrebbero influenzare le preferenze dei cittadini.
Nell’esperimento condotto nel nostro studio è stato chiesto a ogni intervistato di valutare due diverse coppie di ipotetiche misure da adottare per limitare i contagi da Covid-19. Provvedimenti che variano sulla base di tre dimensioni: la severità delle misure restrittive (che possono essere rigide o limitate), l’obiettivo sanitario di queste misure (cioè la tutela della salute di tutti i cittadini o in particolare dei più vulnerabili) e l’obiettivo economico, che può consistere nel salvaguardare l’economia nel suo complesso oppure soprattutto le opportunità delle generazioni più giovani. L’esperimento è stato disegnato in modo che risulti esplicito agli intervistati che mentre misure più rigide sono inevitabilmente associate a un peggioramento delle condizioni economiche, misure limitate hanno invece come effetto una maggiore salvaguardia dell’economia. Agli intervistati è stato chiesto di valutare il gradimento di ciascuna politica e di scegliere quale preferirebbero che il governo del proprio paese adottasse o avesse adottato.
La salute “vince” sull’economia (e i lockdown piacciono a sinistra e non dispiacciono a destra)
Non sorprende che, delle tre dimensioni su cui è stato scelto di far variare le politiche pubbliche, la severità delle misure restrittive è risultata quella più rilevante nell’influenzare le preferenze degli intervistati. In media i partecipanti hanno dichiarato di preferire restrizioni più severe – volte a tutelare la salute della popolazione nel suo complesso e non solo le categorie più vulnerabili – anche se è prevedibile che queste misure abbiano effetti negativi sull’economia nazionale. Come previsto, lo studio conferma il ruolo estremamente rilevante delle emozioni nell’influenzare le preferenze politiche degli intervistati. Chi ha più paura di ammalarsi in prima persona – o è comunque preoccupato per la salute pubblica – tende infatti a preferire restrizioni più severe.
Quel che più conta è che eguale preferenza per misure più restrittive è espressa anche da chi è spaventato per le conseguenze del Covid-19 sull’economia e sa che queste peggioreranno ulteriormente l’andamento dell’economia. La fiducia nel governo espressa dagli intervistati non influisce sulle valutazioni che questi danno delle diverse politiche pubbliche, ma chi dichiara una maggiore fiducia negli scienziati tende a preferire misure più restrittive. Infine, i lockdown più severi vengono preferiti da coloro che si collocano a sinistra, ma collocarsi a destra non è associato a preferenze verso misure sanitarie più limitate che non vadano a penalizzare eccessivamente l’economia.
Dall’Olanda all’Italia, a ognuno piace il suo governo (e relative politiche)
Le preferenze degli intervistati non sono le medesime nei diversi paesi oggetto della nostra indagine. In Olanda gli intervistati mediamente preferiscono misure meno severe che in Italia e in Spagna. In generale le politiche adottate dai singoli governi ricevono ampio sostegno dall’opinione pubblica. In Italia e Spagna, paesi tra i più colpiti dalla prima ondata pandemica e i cui i governi hanno reagito con maggiore decisione, chi esprime un maggior grado di fiducia nell’esecutivo tende ad appoggiare restrizioni più severe. Al contrario, i governi di Olanda, Svezia e Regno Unito, che hanno fronteggiato la diffusione del contagio con misure più morbide, hanno goduto di una maggiore fiducia da parte di chi era a favore di minori restrizioni.
Il gioco vale la candela (almeno all’inizio)
La principale conclusione che possiamo trarre da questo studio è che, almeno alla fine della prima ondata pandemica, in generale, i cittadini non percepivano le restrizioni adottate dal proprio governo come una medicina troppo amara da prendere per curare la pandemia. Posti davanti alle conseguenze negative sull’economia delle politiche sanitarie adottate dai governi, gli intervistati preferivano comunque misure più restrittive perché considerate maggiormente capaci di tutelare la salute propria e dei propri connazionali. Anche chi percepiva la pandemia come negativa per l’economia del proprio paese preferiva lockdown più severi, confermando che le minacce dal punto di vista sanitario ed economico si rafforzano a vicenda invece di porsi in antitesi l’una con l’altra.
Questi risultati mostrano che per disegnare una risposta politica adeguatamente sostenuta dall’opinione pubblica i governi devono tenere in considerazione come le diverse minacce che scaturiscono da una crisi vengono percepite dai cittadini.
Il nostro studio evidenzia come nella prima fase della pandemia i cittadini abbiano in larga parte supportato forti restrizioni alle attività economiche e limitazioni alle libertà personali. E’ giusto sottolineare, tuttavia, che questi risultati nulla dicono su se e come l’opinione pubblica abbia mutato le proprie preferenze con il protrarsi delle misure restrittive durante gli ultimi mesi del 2020 e buona parte del 2021 e l’acuirsi ulteriore dei loro effetti negativi sull’economia e sulla vita dei cittadini.