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Secolarizzazione. È il termine più diffuso, nei paesi dell’Europa occidentale, quando si discute di religione e società contemporanea. Non accade altrettanto se si sposta l’attenzione sui paesi dell’Est Europa. Per molti, in quest’area del mondo, i processi di modernizzazione non avrebbero esercitato un’influenza negativa né sulla vitalità delle comunità religiose, né sul ruolo pubblico della religione. Nemmeno sulle pratiche o sulle credenze degli individui. Alcuni studiosi arrivano a sostenere che sia in atto un revival religioso – una rinascita dell’ortodossia – da Praga a Mosca. Analizzando gli ultimi dati forniti dall’European Values Study – un sistema di sondaggi su larga scala in merito ai valori umani di base – però, non si direbbe. Sembra, al contrario, che insieme al muro di Berlino sia crollata anche la ricerca di Dio. O forse sarebbe meglio dire che, sotto il profilo della religiosità, questo muro non è mai stato scalfito: se con il comunismo la religione è stata bandita, oggi non ha l'aria di risorgere.
L’avvento dei regimi comunisti: uno spartiacque
Per comprendere il diverso rapporto fra società e religione nei paesi dell’Europa dell’Est rispetto al resto del continente, non si può prescindere dal differente percorso storico attraversato da Bielorussia, Bulgaria, Moldavia, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Russia, Slovacchia, Ucraina e Ungheria. L’avvento dei regimi comunisti fa da spartiacque nella vita religiosa di queste nazioni.
Prima la religione era una delle pietre fondanti su cui poggiava il senso dello Stato e dell’ordine sociale. I regimi comunisti imposero una secolarizzazione dall’alto, con l’obiettivo esplicito di distruggere le tradizioni religiose in nome del materialismo scientifico. Le Chiese vennero spogliate del loro ruolo educativo pubblico, le organizzazioni religiose proibite e perseguitate, i leader imprigionati, le proprietà confiscate. Molti edifici dedicati al culto vennero trasformati in depositi o in ristoranti. I gruppi religiosi finirono per rappresentare l’unico elemento di continuità col passato e, data la situazione, l’unica reale forza di opposizione.
Come hanno reagito i singoli cittadini a questo tentativo esplicito di sradicamento della religione dallo spazio pubblico? Che impatto ha avuto la caduta di questi regimi sulla religiosità individuale? Siamo davvero di fronte ad un revival religioso? Non è facile rispondere a queste domande.
Pratica collettiva e credenze personali
Circa la religiosità individuale, c’è una distinzione preliminare da chiarire: un conto è la pratica collettiva e rituale della Messa, altra questione sono le credenze personali coltivate in privato. La differenza tra queste dimensioni è ancora più rilevante nel caso dei paesi dell’Est Europa.
La secolarizzazione imposta dai regimi comunisti potrebbe aver condizionato maggiormente e più durevolmente le manifestazioni visibili della religiosità rispetto a quelle intime e private. Se così fosse, dalla caduta del muro di Berlino in poi, si potrebbero osservare due tendenze opposte: una rinascita delle credenze religiose private e, da contraltare, una stabilità – se non una diminuzione – della pratica religiosa pubblica. È ragionevole supporre, inoltre, comportamenti diversi a seconda delle coorti di età di appartenenza: la forza dei regimi non si è mantenuta costante nel tempo.
Gli individui cresciuti e socializzati nei regimi comunisti, durante il periodo più intenso di repressione e propaganda, dovrebbero mostrare nei loro comportamenti segni più evidenti di secolarizzazione forzata. Nelle generazioni più giovani, invece, non dovrebbe accadere altrettanto. Se tra queste ultime – in particolare fra quelle nate e socializzate dopo il 1989 – fosse in atto un revival religioso, si dovrebbe osservare una crescita di religiosità sotto forma di pratica pubblica oppure di credenze private.
La religiosità come reazione al comunismo: quanto conta l’anno di nascita
I dati dell’European Value Study, una delle indagini campionarie europee con la più alta copertura per numero di paesi coinvolti ed estensione dell’arco temporale, forniscono risposte a questi interrogativi. Nell’analisi sono considerate due variabili: la probabilità di andare in chiesa almeno una volta alla settimana – comportamento che cattura la dimensione della pratica religiosa pubblica, del rito – e la credenza nell’esistenza di Dio, del paradiso e dell’inferno (disposizioni che rappresentano la dimensione privata della religiosità).
Entrambe le variabili si misurano su una scala da 0 a 1. Nella figura 1 sono illustrati i valori medi e gli intervalli di confidenza di queste due variabili per tutti gli intervistati nati fra il 1930 e il 1990.
Rispetto all’anno di nascita degli intervistati si possono individuare tre periodi e un sottogruppo. I nati prima del 1955 hanno ricevuto socializzazione (non) religiosa durante un’era contraddistinta dalla considerevole forza repressiva e propagandistica dei regimi comunisti. Chi è nato tra il 1955 e il 1985, in particolare chi è venuto al mondo dopo il 1970, è stato invece socializzato durante una fase di declino degli stessi regimi. Infine la classe del 1986 e seguenti: non hanno avuto nessun tipo di esperienza diretta con la propaganda di regime, quindi rappresentano la generazione per la quale l’eventuale crescita dei valori di una delle due variabili considerate potrebbe essere la prova dell’esistenza di un revival religioso.
Pratica in calo e credenze ondivaghe
I dati confermano parzialmente le aspettative. La pratica istituzionale, intesa come frequenza ai luoghi di culto, mostra una decrescita costante lungo tutto l’arco temporale e un piccolo rallentamento negli ultimi anni di nascita degli intervistati. Questo andamento è coerente sia con la soppressione delle istituzioni di culto da parte dei regimi comunisti sia con il più generale processo di secolarizzazione comune anche agli stati dell’Europa occidentale.
L’andamento delle credenze religiose cambia invece con l’evoluzione dei regimi comunisti. L’intensità di tali credenze diminuisce in modo rilevante per coloro che sono stati socializzati durante la fase di ascesa e rafforzamento dei regimi comunisti, risale per la generazione di mezzo – ossia i nati fra dopo 1955 e in particolare per i nati dopo il 1970 – e diminuisce di nuovo in modo brusco per le generazioni più giovani, che di fatto non hanno conosciuto i regimi comunisti, quasi a indicare l’esaurirsi della necessità individuale di rottura col passato. In generale non trova conferma l’ipotesi che nei paesi dell’Europa dell’Est sia in atto un revival religioso.
I paesi che fanno eccezione
I dati appena commentati aggregano risposte provenienti da cittadini di paesi molto diversi fra loro, accomunati dall’esperienza della dittatura di un partito comunista. Molti studi si concentrano, al contrario, sulle specificità delle singole realtà nazionali. Diverse traiettorie politiche e culture religiose differenti possono giocare un ruolo determinante nell’evoluzione della religiosità. Nei grafici in figura 2 è rappresentata l’evoluzione delle due variabili riguardanti la religiosità per ciascuna delle nazioni dell’Europa dell’Est , compresa la Federazione Russa.
Gli andamenti differiscono da paese a paese ma, per quanto riguarda la pratica religiosa, l’effetto della presenza di regimi comunisti è simile quasi ovunque: nella generazione più anziana si osserva una generalizzata diminuzione della pratica religiosa, e questo trend si consolida anche nelle due generazioni seguenti. Fanno eccezione Polonia, Bulgaria, Romania e Russia, dove tra i più giovani si osservano segnali di ricrescita.
Per quanto riguarda le credenze personali, la loro diminuzione nella generazione più anziana è di fatto trasversale a tutti i paesi, così come il revival osservato nelle generazioni immediatamente successive. Questa rinascita del sentimento religioso non riguarda però le ultime generazioni, con l’eccezione della Romania e – in parte – della Bulgaria.
Senza più restrizioni da contrastare, anche la religiosità è più debole
Queste tendenze non dovrebbero stupire. Molti luoghi di culto chiusi o distrutti durante i regimi comunisti risultano ancora difficilmente accessibili: frequentare i riti è complicato. Manca nuovo personale ecclesiastico. È difficile, in queste condizioni, ricostruire una religione istituzionale. Solo laddove la politica si è appropriata in modo esplicito della questione religiosa si intravedono, in tempi recenti, segni di rinascita della pratica. Forme private di religiosità si erano diffuse tra i cittadini in opposizione ai regimi comunisti ma, caduti quest’ultimi, per le nuove generazioni sono venute meno anche le prime. Quel che non è più proibito o scoraggiato non sembra neppure più oggetto di ricerca.